È un piatto amato, desiderato. Stasera è prevista nei menu Dieta Social. E abbiamo pubblicato anche la ricetta gourmand. Già perché sempre più spesso accade di passare una notte con disturbi intestinali, sete e insonnia dopo una piacevole serata in pizzeria. È cronaca di un numero sempre più crescente di persone di ogni età. La pizza è un piatto della tradizione italiana, da esaltare con ingredienti di valore nutrizionale e gastronomico. È famiglia, è amicizia. Ma una buona pizza, per essere tale, non deve procurare sete e non deve essere indigesta.
OCCHIO ALLA MANITOBA
Purtroppo sempre più spesso mangiamo pizze preparate con farine troppo ricche di proteine, glutine, amido resistente, con additivi e stabilizzanti. Farine per pizze con il 20-30 per cento di Manitoba, con elevato contenuto di proteine e di glutine. Farine molto forti, con valore W da 280 a 420 (è un indicatore usato per classificarle. Più è alto, più sono forti). Con queste farine la pizza è un concentrato di glutine che forma un impasto robusto, in grado di “reggere” pomodoro e mozzarella oppure altri ingredienti. Se il tempo della lievitazione non è adeguato, durante la cottura ad alte temperature si ha la reazione di Maillard con formazione di proteine glicate: unione di glucosio con un aminoacido delle proteine delle farine. Le proteine glicate sono molecole aggressive contro le pareti intestinali e se assorbite nel sangue, possono danneggiare il sistema vascolare e la matrice extracellulare. Nella pizza, inoltre, è presente l’amido resistente, chiamato così perché non digerito dagli enzimi dell’intestino tenue. Le farine perlopiù usate nelle pizzerie (non tutte però, onore e merito ai veri pizzaioli), possono risultare non compatibili con il nostro intestino. Le parti della pizza che non vengono digerite nel tenue, transitano nel colon, dove vengono “mangiate” da miliardi di batteri, con conseguente produzione di gas (meteorismo) e comparsa di disturbi intestinali: diarrea e sindrome del colon irritabile. Si ha, inoltre, un richiamo di acqua dal sangue all’interno dell’intestino con comparsa di sete prolungata nella notte.
FATTA IN CASA
La qualità e la salubrità della pizza dipendono dalle farine usate, dal tempo di lievitazione e dalle temperature di cottura, oltre che dagli ingredienti utilizzati per condirla. La pizza fatta in casa, con farine meno ricche di proteine e senza Manitoba, con giusti, lunghi tempi di lievitazione e temperature di cottura non troppo elevate, non procura la stessa sintomatologia di quella mangiata in pizzeria. Può, inoltre, essere preparata anche con farine ottenute da grani di varietà antica, assai più sani e nutritivi di quelli delle varietà moderne.
PIACERE E SALUTE NELLA TRADIZIONE
Il tempo della preparazione dell’impasto e della sua maturazione è fondamentale per avere una sana pizza. Ma oggi tutto è fretta. Una pizza pesa 150 grammi (base) con una dose di carboidrati attorno a 90 grammi circa, in grado di far salire la glicemia dopo averla mangiata, con stimolo su secrezione di insulina. Contiene circa 20 grammi di proteine. I valori nutrizionali variano con gli ingredienti utilizzati. Per l’elevato valore dei carboidrati, con effetti su glicemia e insulina, sono molto attento a proporvi la pizza nei menu giornalieri Dieta Social. Questa preparazione tradizionale, se fatta bene e con ingredienti sani, è salutare. Non va, però, mangiata troppo spesso e non deve essere troppo grande.
Professor Pier Luigi Rossi